Modena, 27 marzo 2008
Teatro della Fondazione San Carlo

CHIARA SARACENO
Professore ordinario di Sociologia della famiglia

TRA UGUAGLIANZA E DIFFERENZA: IL DILEMMA IRRISOLTO DELLA CITTADINANZA DELLE DONNE

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Lucy voleva grandi cose, e pensava di poterle trovare sulla pensilina spazzata dal vento di un tram. Non aveva però intenzione di salirci. Una vera signora non l’avrebbe fatto. Perché? Perché le grandi cose, per lo più, non si addicevano alle signore? Una volta Charlotte aveva cercato di spiegarglielo. Non che le donne fossero inferiori agli uomini, erano semplicemente diverse. La loro missione era di ispirare grandi cose agli altri, piuttosto che compierle di persona. Indirettamente, facendo uso di un tatto innato, conservando immacolato il proprio nome, una donna poteva realizzare molte cose. Ma se si fosse gettata nella mischia, sarebbe stata dapprima disapprovata, poi disprezzata e alla fine ignorata. Per illustrare questo punto, erano state scritte perfino delle poesie. Questa figura di donna medievale è sotto molti aspetti immortale. I draghi non esistono più, e nemmeno i cavalieri, ma lei aleggia ancora tra di noi […]. E’ bello, proteggerla nelle pause tra un affare e l’altro, è bello renderle onore quando ci prepara una buona cena. Ma ahimè! Quella creatura va degenerando. Nel suo cuore spuntano strani desideri. Anche lei è innamorata della forza dei venti, dei vasti orizzonti e delle verdi distese del mare. Anche lei ha guardato il mondo, ha visto com’è pieno di ricchezza, di bellezza, e di guerra - una crosta radiosa, costruita sopra il fuoco centrale, che ruota verso cieli in fuga. Gli uomini si muovono gioiosamente sulla superficie, fanno piacevolissimi incontri con altri uomini, felici, non perché sono maschi, ma perché sono vivi. E sostengono che è lei, a ispirarli a tutto questo. Prima che la festa finisca, lei vorrebbe rinunciare al nobile titolo di Eterno Femminino, e parteciparvi con il proprio io transitorio. (E. M. Forster, A Room with a View, Cambridge, The Provost & Scholars of King’s College, 1908, 1978; tr. it., Camera con vista, Milano, La biblioteca di Repubblica, 2002, pp. 45 s.)

A poco più di tre anni dalla scomparsa di Ermanno Gorrieri, avvenuta - come si ricorderà - il 29 dicembre 2004, ci incontriamo oggi per rinnovarne - con l’annuale appuntamento della «Lettura», giunta alla sua terza edizione - la memoria e l’insegnamento.

Lo facciamo, al pari delle due precedenti edizioni, proponendo ancora una volta una riflessione pubblica sulla frontiera dell’uguaglianza, che ha rappresentato l’idea forza dell’infaticabile e multiforme impegno sociale, politico e di studioso di Gorrieri: del suo pensiero, come della sua concreta e operosa testimonianza di vita. La frontiera dell’uguaglianza, dunque. In primo luogo, perché coerente con la ragion d’essere stessa della «Fondazione per gli studi sociali» intitolata a Gorrieri, voluta per approfondirne la figura e l’insegnamento e, insieme, per proseguirne e svilupparne la ricerca e le idee nel campo delle politiche sociali. In particolare, delle politiche di contrasto della povertà e delle disuguaglianze economiche e sociali. Secondariamente, perché la problematica dell’uguaglianza, pur espunta dal confronto politico e culturale, è imposta dall’aggravarsi, anche nel nostro paese, della «forbice della disuguaglianza», o - per dirla con la terminologia propria di Gorrieri - della «scala delle disuguaglianze sociali», che le fonti statistiche e le analisi socio-economiche documentano in crescita, tanto da fare dell’Italia, nell’area dello sviluppo, uno dei paesi più disuguali al mondo, seconda solo agli Stati Uniti e alla Gran Bretagna.

L’appuntamento della «Lettura annuale» vuole essere anche l’occasione per dare pubblicamente conto - alla città, alle istituzioni territoriali e ai tanti amici che qui si ritrovano nel ricordo di Gorrieri - del lavoro che la Fondazione dedicata alla sua memoria va sviluppando. Per non sottrarre tempo prezioso, abbiamo quest’anno redatto una «Scheda informativa» sulle attività della Fondazione, che è in distribuzione (e viene pubblicata come «Appendice» al presente volumetto). Mi limito perciò a segnalare, tra i numerosi progetti in corso di svolgimento, la realizzazione del primo portale web europeo sulle disuguaglianze sociali (www.disuguaglianzesociali.it). Una sorta di biblioteca tematica virtuale, un grande giacimento di informazioni e di conoscenze che stiamo allestendo e che contiamo di mettere presto on line al servizio degli studiosi, dei decisori politici e delle organizzazioni sociali. Il progetto è particolarmente impegnativo e ambizioso, oltre che non poco oneroso, ed è reso possibile dal contributo finanziario della Fondazione Cassa di Risparmio di Modena.

Tornando al tema della «Lettura 2008», penso non sia necessario dilungarsi per esplicitare la centralità che assume, nella prospettiva dell’uguaglianza da realizzare, la persistente e generalizzata condizione di disuguaglianza delle donne. Se poi tale condizione la si considera - come il titolo della «Lettura» volutamente propone - con riferimento al banco di prova della cittadinanza, che è principio fondativo delle democrazie moderne, appare evidente il carattere propriamente «strutturale» della disuguaglianza delle donne. Ben oltre l’ovvio profilo delle disuguaglianze di fatto o sostanziali, che pur inficiano o comunque limitano - anche pesantemente - la promessa formale dell’uguale cittadinanza civile, politica e sociale, ciò che viene in causa - nel caso specifico delle donne - è il «principio democratico» stesso, nella sua genesi storica e nella sua coeva formalizzazione concettuale e giuridica, in quanto principio «originariamente» e «costitutivamente» non inclusivo delle donne. Sotto altra angolazione, se l’eguale libertà è «il nome della difesa della dignità umana nel tempo della modernità» e se «l’idea di eguale libertà è certamente quella alla quale è necessario pensare quando si parla di democrazia moderna », occorre riconoscere che non fu e non è tuttora eguale la libertà riconosciuta, in diritto e in fatto, alle donne.

La questione della «cittadinanza democratica» delle donne si configura pertanto come un nodo irrisolto: sulla frontiera dell’uguaglianza, non meno che su quello della democrazia e della stessa difesa della dignità umana. Ne è parte inscindibile - in un complesso intreccio concettuale e politico, carico di implicazioni teoriche e pratiche insieme - la tensione dilemmatica fra uguaglianza e differenza, nella difficile e delicata componibilità delle ragioni, dei diritti e delle identità riferibili all’una o all’altra, in pari modo e in pari tempo. Un dilemma che storicamente attraversa la cultura e la condizione femminili, anticipatrici, pur sotto questo profilo, della sfida cruciale che alla «cittadinanza democratica» - come eguale libertà e paritaria appartenenza politica - propone l’odierno pluralismo delle etnie, delle culture, delle religioni e delle etiche, come delle opzioni e delle scelte esistenziali degli individui. Con i correlati diritti - individuali e collettivi - e le correlate, plurime rivendicazioni d’identità, a loro volta individuali e collettive. In uno con i rischi incombenti - vuoi di discriminazioni comunque inammissibili, vuoi di laceranti derive fondamentaliste o comunitariste - fronteggiabili, forse, nella prospettiva di un nuovo pensiero e di una nuova concettualizzazione del principio della «cittadinanza democratica», la cui capacità inclusiva sia ridefinita a partire proprio dall’originaria esclusione delle donne e dall’irrisolto dilemma della «cittadinanza delle donne».

All’approfondimento dell’accennato nodo problematico, tanto complesso quanto «essenziale affinché gli esseri umani godano di diritti umani» , è dedicata la lecture di Chiara Saraceno, che accolgo e saluto a nome di tutti, rinnovandole la gratitudine per aver accolto l’invito che la Fondazione le ha rivolto, riconoscendo in lei una delle voci più autorevoli della ricerca sociologica, italiana ed europea, nel campo soprattutto dell’analisi dei modelli di stato sociale e delle politiche di welfare, della famiglia nel mutamento sociale, della condizione femminile, delle problematiche di genere e delle relative politiche. Ma all’origine dell’invito c’è un’ulteriore circostanza, di non minore rilievo per noi, vale a dire il particolare rapporto di amicizia, di stima, di confronto - reciprocamente intransigente - che per lunghi anni, fin dai tempi della Commissione d’indagine sulla povertà, è intercorso tra lei ed Ermanno Gorrieri.

Insuperabili ragioni di tempo precludono una presentazione adeguata di Chiara Saraceno, non potendosi qui ripercorrerne il nutritissimo e superlativo - non saprei come altrimenti definirlo - curriculum professionale e accademico. Peraltro, la vostra presenza così numerosa testimonia della notorietà e del prestigio della sua figura di studiosa, di intellettuale e di donna civilmente impegnata in molteplici direzioni e funzioni, in Italia e in Europa. Ma alcuni almeno dei ruoli e delle attività che la vedono impegnata vanno evocati, non foss’altro che per dare un’idea del suo prodigarsi davvero senza limiti.

Chiara Saraceno è professore ordinario di Sociologia della famiglia nella facoltà di Scienze politiche dell’università di Torino e professore di ricerca al Wissenschaftszentrum für Sozialforschung di Berlino. Ha fatto parte della Commissione di indagine sulla povertà presso la Presidenza del consiglio dei ministri - di cui fu 1° presidente Gorrieri- poi ridenominata Commissione di indagine sull’esclusione sociale, di cui è stata presidente dal 1999 al 2001, curando l’elaborazione e l’edizione del Rapporto sulle politiche contro la povertà e l’esclusione sociale.1997-2001 (Roma, Carocci, 2002) . E’ stata rappresentante per l’Italia (2000-2001) nel Social Protection Committee della UE. Ha svolto e svolge attività di consulenza per la Commissione europea, il Consiglio d’Europa e l’OCSE.

Oltre a pubblicare saggi su molteplici riviste scientifiche italiane e straniere, collabora al quotidiano «La Stampa» e a trasmissioni televisive e radiofoniche. E’ componente del Comitato scientifico della Fondazione Gorrieri, fin dalla sua costituzione, e coordinatrice scientifica del progetto di ricerca «Osservatorio sulle disuguaglianze sociali», realizzato - con il contributo finanziario della Compagnia di San Paolo - dalla Fondazione Gorrieri in collaborazione con il Centro di analisi delle politiche pubbliche (Capp) del dipartimento di Economia politica dell’università di Modena e Reggio Emilia.

Non potendo ricordare le pubblicazioni di Chiara Saraceno, perché anche soltanto ad elencarle non basterebbe l’intero tempo della lecture, mi limito a ricordare, per la diretta attinenza con il nostro tema, un suo importante saggio del lontano 1988, sulla rivista «Democrazia e diritto», dall’eloquente titolo La struttura di genere della cittadinanza (forse il primo in Italia, a mia conoscenza, su tale specifica problematica). In esso, Chiara Saraceno, dopo avere indicato e analizzato - alla luce del «’prisma’ del genere» - gli ambiti di conflitti e ambivalenze, teoriche e pratiche, della cittadinanza in sé e con riferimento specifico alle donne, individuava nella «figura della madre lavoratrice» uno dei profili più rappresentativi dell’ambivalenza intrinseca al riconoscimento della stessa cittadinanza sociale, annotando a titolo esemplificativo: «Sinteticamente, si potrebbe dire che i bambini sono visti come potenzialmente a rischio se hanno una madre lavoratrice, ma non se hanno un padre lavoratore (anzi, in questo caso è vero il contrario)». Essendo l’eguale diritto al lavoro il primo e fondativo dei diritti della cittadinanza sociale, questa annotazione - forse oggi ancora più attuale di 20 anni fa - è di per sé emblematica dell’asserita «struttura di genere della cittadinanza sociale», destinata - secondo una previsione tanto anticipatrice, quanto azzeccata - a divenire «una questione sempre più visibile e cruciale nel dibattito teorico e soprattutto politico attorno al welfare state» .